Mozart e Beethoven tra brillantezza ed Opera Stampa

 

Recensione duo Fornasa/Mazzon

Freschezza e spigliato spirito musicale: tali sono gli ingredienti d’eccellenza del duo di Alessandra Fornasa (pianoforte) e Alessandro Mazzon (violino), protagonisti con Mozart e Beethoven per l’ultimo appuntamento della Rassegna speciale “Incontri alla tastiera a Palazzo Sturm” organizzato dagli “Amici della Musica” di Bassano del Grappa domenica 24 novembre. Il trepidante finale della Sonata di Beethoven Op.30 n 3, tra marcia e moto perpetuo, è  sintesi  della musicalità  di questo duo. Suono come espressione di un’idea che trascende la scrittura dedicata ai due strumenti, a favore di una densità in cui ogni intercedere è un climax di intensità espressiva.

Convince Beethoven, con il suo piglio scattante , sia nei brontolii agitati dei bassi dell’Allegro assai iniziale sia nella dimensione più cantabile del Tempo di Minuetto. Sembra quasi un quartetto per archi  la lettura del duo Fornasa-Mazzon, in cui, alla scandita precisione delle diverse intonazioni pianistiche, risponde l’enfasi di un cantabile violinistico  più libero nell’espressione. Piacevolissimo il differente utilizzo degli spunti tematici nella ripresa, in cui l’effetto del pizzicato violoncellistico al pianoforte sottolinea una fluidità che non trascura alcun aspetto della partitura.

Nel Mozart della Sonata KV 306 il carattere operistico predomina in una brillantezza pianistica che annuncia l’Ouverture, mentre il violino diventa personaggio sulla scena. Il guizzo finale del primo movimento è ancora decisamente operistico e  tutta la delicatezza tipica dei tempi più lenti e cantabili nella musica di Mozart prende il sopravvento. Ogni elemento è narrazione e ricerca della vocalità  nei contrasti delle modulazioni in minore. L’ironia beffeggiante del Mozart fanciullo fa capolino nell’Allegretto, tra definiti colori ancora così lontani dalle tinte tenebrose di Don Giovanni, la briosa cadenza all’unisono conclude festosamente il dialogo strumentale.

E’impetuoso il Beethoven della Sonata per pianoforte Op.22 di Alessandra Fornasa, scorrevole il suono scelto per le dinamiche orchestrali (già anticipatrici della Waldestein), ed  interessante lo spunto di dialogo tra differenti blocchi strumentali nella scelta timbrica. Diventa solista con orchestra mentre scandisce il canto nell’Adagio con molta espressione del secondo tempo, ed il carattere quasi “pastorale” delle note ribattute alla voce grave fungono da sostegno al dispiegarsi del canto. Le ombre che compaiono nelle parentesi in minore sono rese in modo incalzante, caratteristica che la pianista sottolinea anche negli altri movimenti della Sonata dove irrompe la tonalità di sol minore, intesa come opposta a quella di impianto di si bemolle maggiore (che non a caso Beethoven riproporrà nell’Hummerklavier).

Grazia ed equilibrio sono i punti chiave del Minuetto e del Rondò, sia per la scelta delicata dei suoni che per le ornamentazioni attente nelle tessiture variate del tema. Con grande naturalezza è interpretato il bis, le Danze Rumene di Bartok, in cui toni misteriosi si alternano a sonorità stridenti, nell’uso quasi sperimentale del violino (nella terza danza quasi strumento a fiato), sulla base percussiva del pianoforte con un’idea musicale più istintiva e tzigana.

Prossimo appuntamento il 19 dicembre con Francesco Galligoni (violoncello),Paolo Zuccheri(violone) e Roberto Loreggian (cembalo) al Teatro Remondini.

Vincenza Caserta